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Pilota senza ali – Non era la mia Formula Uno

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“Pilota senza ali – Non era la mia Formula Uno”, il nuovo libro di Siegfried Stohr, è stato presentato in anteprima a Roma presso la sede dell’Automobile Club d’Italia. Pilota e psicologo oppure psicologo e pilota, solo Siegfried Stohr poteva raccontare il mondo delle corse automobilistiche da una prospettiva assolutamente inedita, distaccata ed al tempo stesso estremamente coinvolgente. L’autore lo fa accompagnando il lettore in un viaggio straordinario fra ricordi e riflessioni che lo portano a vivere il mondo delle corse attraverso le emozioni di un pilota speciale con uno stile profondo e piacevole che avvicina il lettore all’abitacolo di una monoposto ed al pericoloso mondo della velocità. Siegfried Stohr, che corse in Formula Uno nel 1981, dopo alcuni anni nei kart e nelle cosiddette formule minori, oltre che pilota è, come detto, anche psicologo e si trova quindi doppiamente nella condizione di raccontarci dal di dentro cosa passa per la mente di un pilota offrendo al lettore la possibilità di rivivere le emozioni di quell’ambiente.

«Per gli appassionati di motorismo Siegfried Stohr è un modello non soltanto di uomo sportivo, ma anche di pilota capace di trasmettere al pubblico il valore della guida sicura» ha detto Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club di Italia. «Non si diventa piloti per caso: ogni driver completa un percorso formativo prima di scendere in pista e solo i più bravi, indipendentemente dai trofei conquistati, riescono a tramandare ed a diffondere nel sociale gli insegnamenti ricevuti. L’esperienza di Stohr è quella di un campione al servizio degli altri prima ancora che a se stesso».

“Arrivato in Formula Uno, pensai che era fatta” scrive Stohr nel suo nuovo libro “ma dentro di me dissi che ci avrei corso solo tre anni, non di più. Chissà perché. Tre anni? Forse avevo già capito che quella non era la mia Formula Uno. Era la F.1 degli altri. E io rimpiangevo l’ambiente caldo e amichevole delle corse che mi avevano portato fino a lì. Così oggi penso che in Formula Uno non ho mai corso: ci sono solo stato. Ma da qualche parte della griglia, quell’anno, c’ero anch’io”.  Da questa considerazione inizia un viaggio speciale tra ricordi, sogni, riflessioni, aneddoti che ci conduce nel mondo di Stohr, nella sua passione per la velocità (e poi per la montagna) nella sua veloce carriera fino all’annata difficile in una F1 lontana dai tempi eroici, ma che mette sempre alla prova un pilota, cioè un uomo, con i suoi limiti, le gioie, le sofferenze, gli entusiasmi, le sconfitte.

«Questo libro si è sviluppato in un mese, poi quotidianamente con l’aggiunta di piccole riflessioni, piccoli affreschi di ricordi. Ogni giorno un fatto apparentemente banale della mia vita ne faceva tornare alla memoria uno della mia carriera di pilota, o quello di un collega» spiega oggi l’autore. «Ho proceduto per catene, anelli di catena ai quali trovavo attaccati altri anelli. Così piano piano toglievo la polvere dai ricordi. Perché la polvere alla fine ricopre ogni cosa. Da bambino mi aveva colpito un brano dell’Ecclesiaste, inserita nella Bibbia: “Vanità delle vanità, il tutto è vanità”. Non ricordo chi mi ha letto questa frase, sarà stato a catechismo. Una frase pesante da leggere ad un bambino di dieci anni. E che non mi piaceva. Così ho cercato un senso nella mia vita, prima come pilota di kart, poi come psicologo, infine nuovamente come pilota. Cercare un senso alla propria vita ti dà una direzione, una meta. Equivale a chiederle qualcosa; ed anche a dare qualcosa in cambio. Come pilota ho avuto tanto e credo di avere regalato in cambio un po’ di emozioni. Ho scoperto cos’ che se tutto è vanità, è comunque molto bello. Noi non possiamo “allungare” la nostra vita, ma possiamo però “allargarla. Una vita si allarga quando i nostri piccoli orizzonti trovano nuove dimensioni ed il nostro sguardo si posa su nuove opportunità».

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