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Clubman non voleva dire station wagon

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Lanciata nel 1969, la linea Clubman voleva essere una versione lusso della Mini classica.

Ormai è diventato abituale usare il termine Clubman per identificare la Mini station wagon. In realtà quando, nel 1969, la Casa inglese varò questo termine intendeva semplicemente identificare una nuova versione lusso della Mini classica (che restava peraltro in produzione) dalla quale si distingueva essenzialmente per il diverso disegno del frontale più squadrato ed allungato senza peraltro modificare la parte posteriore della carrozzeria. Una linea parallela insomma che mirava essenzialmente la “svecchiare” la Mini classica.

Oltre alla versione Estate, ovvero la station wagon con il portellone posteriore a doppio battente, la nuova gamma Clubman comprendeva pertanto anche le versioni a 3 porte, inclusa una sportiva 1275 GT. La Clubman berlina soffriva di un evidente squilibrio estetico, generato dalla cattiva armonizzazione tra il nuovo frontale squadrato e la coda tondeggiante della Mini. Molto più riuscita era la Estate con la fiancata percorsa da una fascia in finto legno nella quale le linee tese della coda e il passo lungo si fondevano meglio con il nuovo frontale.

Nel 1980 la Clubman berlina uscì di listino senza troppi rimpianti rimpiazzata dalla Austin Metro. Prosegui invece la produzione della Mini Clubman Estate che riscuoteva un discreto successo, specialmente in Italia (dove, in base all’accordo firmato nel 1975 con De Tomaso, la British Leyland Italia non poteva importare le versioni berlina) e per un certo periodo divenne oggetto di moda come piccola auto in grado di distinguersi dalla concorrenza.

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