Angelo Sticchi Damiani, presidente di Automobile Club d’Italia, sottolinea come sia fondamentale stabilire la differenza.
«Stabilire, una volta per tutte, l’abissale differenza che c’è tra veicoli storici e veicoli vecchi è fondamentale» dice Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia, commentando i lavori del tavolo tecnico istituito in Campidoglio, dal presidente della Commissione Mobilità di Roma, Giovanni Zannola, per dirimere la delicata questione delle deroghe ai divieti di circolazione dei veicoli storici all’interno della zona a traffico limitato della Fascia Verde che comprende anche il centro storico. «Solo così eviteremo che migliaia di auto o di veicoli commerciali insicuri e fortemente inquinanti continuino ad affollare i centri storici delle nostre città con effetti disastrosi sia dal punto di vista della sicurezza che dell’ambiente. È assurdo ed incomprensibile sostenere, ad esempio, che furgoni come Scudo e Ducato o vecchi fuoristrada, che non presentano alcun interesse storico né collezionistico, possano ottenere certificazioni di rilevanza storica ed aggirare, così, i divieti di accesso alle ZTL».
«Secondo la Lista di Salvaguardia, realizzata e costantemente aggiornata da ACI Storico» sottolinea il presidente ACI «sono oltre 2.400 su 5.600 – più del 43%– le auto di nessun pregio che, senza averne alcun diritto, si fregiano del titolo di veicoli di rilevanza storica. Tutte auto che incidono pesantemente in senso negativo su mobilità, sicurezza stradale e qualità dell’aria nella Capitale. È palesemente falso sostenere che la Lista di Salvaguardia – l’unico strumento serio che distingue in modo oggettivo le auto storiche da quelle vecchie – privilegi le Ferrari. Chi lo dice non l’ha letta con attenzione, dal momento che i modelli Ferrari sono soltanto 19 su 1.107 e che rappresentano l’1,7% del totale dei modelli presenti nella lista! Se vogliamo davvero risolvere il problema una volta per tutte dobbiamo smettere di prenderci in giro e cominciare a ragionare ed a comportarci da persone serie, accantonando interessi economici e mettendo al primo posto il bene della collettività, della sicurezza, della qualità di mobilità e ambiente e della cultura, senza aggrapparsi ad anacronistici ed antistorici monopoli».
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